Io non nasco secchiona. Che sia chiaro. Nasco bambina della prateria, che corre libera nei prati (del residence, ma a me mi sembrava la tundra).Era un bel nord semplice e periferico. Poi gli autorevoli decidono di tornare nella sudica terra natia. A 9 anni, valuto tutte le possibilità. Considero seriamente l’ipotesi di rimanere lì da sola, la casa è grande, ho quasi vinto l’idea che la notte i vestiti sulla sedia si trasformino in uomini che mi spiano e, per finire, la scuola ha la mensa. Ma i miei vendono la casa. Ne parliamo anche con la mia migliorissima amica del cuore e lei mi propone di andare a vivere a casa sua, anche da lei sono tanti, magari nemmeno se ne accorgono. Mi trovo in una grande empasse. Poi il maschio autorevolissimo promette a me e a mia sorella che se scendiamo ci compra un cavallo -per uno, beninteso- un cane, una mucca e svariate galline. Può andare, penso. E capitolo (in realtà poi di tutti questi animali ci prese solo il cane, quando ci penso m’incazzo ancora come una bestia!).
La realtà che ci aspetta è sostanzialmente, profondamente diversa. Qui le bambine non sono bambine, sono donne nane, già gravate da un sistema di codificazioni e rituali pesantissimi. Le mie cugine conoscono pure l’agnello di dio, io manco mi ricordo il padre nostro. Sanno stare in chiesa, in casa, dai parenti, conoscono o intuiscono già il rituale dei rapporti con i loro coetanei maschi, che non sono amici, sono maschi, e a 11 anni portano già il reggiseno.
Soffro intensamente di nostalgia.
Ma mi preservo sana. Nessuno riesce a farmi leggere un bel niente: non voglio, non m’interessa.
A scuola vado in modo rocambolesco, sono sì brava ma troppo vivace troppo troppo vivace. Non faccio un cazzo.
È durante l’estate dei dodici anni che la triste realtà mi piega e improvvisamente tutto mi diviene insopportabile. Sono annoiatissima, mi sento in trappola. A 12 anni non conosco ancora le vie di fuga alternative (l’alcool, la droga) e per costruirmi un mondo abitabile ho bisogno di altri appigli alla mia portata. Comincio così a divorare libri, dal niente, seguendo il mio disarmonico carattere che ripugna la gradualità. Ingurgito libri che trovo alla casa al mare, di quell’accanito lettore dell’autorevole, e sono gialli. Passo poi ai classici della letteratura, di ogni genere e grado: il mio autorevole è uno universale.
Più il mondo esterno mi dispera, più leggo. Incontro così il mio grande amore: a 16 anni, ho letto tutto Dostoevskij. A 18, oltre a tutto quello che si fa al liceo- penso di essere l’unica squilibrata che s’è letta tutto lo zibaldone(ero ossessionata dal principio d’autorità: come posso fidarmi di quello che dice un manuale o un insegnante?!)-passo a Poe e Lovercraft, mondi già composti, e bui.
Sprofondo, così, irrimediabilmente, e quasi senza accorgermene, nella secchioneria. Per fortuna però ho un carattere di merda che ha impedito ai miei compagni e ai disorientati prof di catalogarmi come secchiona tout court e mi ha salvata dalla letale etichetta.
Finchè a Pisa, finalmente, nello sconcertante e meraviglioso circo di filosofia, mi sento come un uomo lupo che scopre un’isola di licantropi: a casa. Decido di approfondire metodicamente le altre vie di fuga. E tengo tutto magicamente insieme: libri film filosofi e amici studenti paranoici. Continuo a soffrire della sindrome da rifiuto dell’autorità. Sui primi esami, tento addirittura improbabili baratti: questo Hegel mi fa schifo, me lo fa cambiare con 2 Nietzsche, anche 3?o, questo Foucault non lo capisco, lo cambiamo con un paio di Merlau Ponty? I miei anch’essi dementi prof erano pazienti, secondo me si erano passati la voce, e tutti mi spiegavano con calma che non solo non me li cambiavano, ma che mi avrebbero chiesto solo quello, perché loro credevano in me.
Adesso. Un po’ sono guarita, un po’no. Alla terza estate trascorsa a Bologna ho deciso che volevo più ferie. Guardandomi intorno, non ho trovato nient’altro che l’insegnamento. Con tutta probabilità, l’anno prossimo andrò ad insegnare, contravvenendo ai miei orientamenti di sempre.
Ma ho grande, immensa fiducia nei ragazzi e nei loro cervelli: le mie esperienze sono state entusiasmanti.
Nelle mie lucidazioni (lucide allucinazioni) ci sono io vestita da Rambo in collegamento con uno in divisa, un archetipo di un autorevole -preside bastardo o insegnante arrogante- che mi dice “stai tranquilla, dicci dove sei, veniamo a prenderti”.
(musica)
“NO. SONO IO CHE VENGO A PRENDERVI”.
6 commenti:
GIÀ, E PER ANDARE DOVE?!... a far la rivoluzione in TV come Rambo? mmmh... l'unica fiducia che personalmente ripongo nei ragazzi consiste nell'auspicio del tutto egoistico che i ragazzi continuino ad esser tali anche quando toccherà a me trovarli schierati di fronte alla cattedra. Spero che la loro giovinezza mi intrattenga, che mi faccia ridere, spero che non rechino troppe tracce degli uomini e delle donne che diventeranno. Dio ci guardi dai ragazzi troppo maturi e dagli insegnanti frustrati che si lagnano di non trovar di fronte a sè un uditorio degno dei propri sproloqui (en passant, il principio d'autorità va respinto per se stessi non solo per il mondo, chè mai si corra il rischio, una volta esautorato il mondo, il papà, la mamma, il Papa e l'Imperatore, di supporsi autori di sè, cioè del nulla...o, peggio, di un nulla letterario)
andrà tutto bene.
insegnare a degli under 20, che non sono ancora maturi, ma che non sono poi tanto più immaturi di noi, può fare una paura matta all'inizio, ma poi è un vulcano di emozioni e stimoli. A proposito di insegnanti: ho fiducia in voi! Io, fra tutti partendo dall'asilo nido, ne ho avuti due che mi hanno dato molto. E non è poco!
Ah, buon Natale.
sicuro. a fare la rivoluzione come rambo, certo.
francè, condivido tutte le aspettative esilaranti sui ggiovani ma non ho capito, il commento è critico, ma su chi?( non ci hai messo manco un ontologico, nemmanco un gnoseologico, come posso capire?!).
ad ogni modo, se è critico verso la società, il sistema, il papa o l'imperatore, va bene.
se, invece, ce l'hai con me, va bene lo stesso, ma giovedi a lezione t'abbotto il muso
Non essere sciocchina Elisabetta...
il commento non è critico, è solo bonariamente ironico.
Si scherzava (ma solo per invidia in realtà) sulla rebeldiade autobiografica
culminante in "immense fiducie" ed "esperienze entusiasmanti",
prospettive talmente estranee al mio punto di vista che non potevano
non suscitare un po' di spirito caustico nei confronti di un sè tanto autorevolmente e letterariamente temerario...
In questo senso dico che l'unica aspettativa che nutro rispetto
a quell'illusione difendibile che è il lavoro, nella fattispecie quello di insegnante
(che un po' conosco, seppur nella declinazione semi-borderline che ne offrono gli "istituti scolastici"),
è di essere più o meno simpaticamente intrattenuto da un'umanità
che non ha ancora elaborato il proprio particolare modo di crollare.
...ma comunque, spirito caustico sì, ma col sorriso Elisabetta, come sempre;
spero di non dovermi portare l'elmetto quando si torna a lezione...cribbio, direbbe Silvio,
sono proprio violenti questi pacifisti!
PV34CP!
e non solo! Anche C2BWCV!
No, non sono le illusioni di gioventù che cozzano contro i vostri elmetti. Sono io che sto confermando i mie voli per capodanno!
E Valentina come sta?
rebeg te ne vai a bruxelles, bene brava bis!!! io invece per fortuna il 2 alle 6 lavoro e resto a bologna. a fare che?estragon, agriturismi? quasi propenderei per la soluzione viaggi astrali:i corpi rimangono in città e i nostri io(o ii) astrali se ne vanno in giro per la galassia..
che combinate voi altri ripieni di fantasia e voglia di vivere?vale, t'è passata la febbre, hai vinto al lotto o peggio incontrato l'uomo della tua vita?restiamo in trepidante attesa...
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